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La scomparsa di Beppe Merlo: fu campione al Città di Trento

Matteo Codignola nelle sue brevi vite di tennisti eminenti ha scritto di lui che invece del rumore coltivava la sua assenza. Beppe Merlo, scomparso all’età di 91 anni, d’altra parte giocava con una racchetta che aveva un ovale più piccolo di quelle in dotazione ai colleghi, le corde tirate a una tensione talmente bassa che la palla, colpendole, produceva un rumore attutito, alle volte quasi impercettibile. Una tecnica affinata dal ping pong di cui era un ottimo interprete, figlio del custode del Tennis Club Merano, un genovese trapiantato in Alto Adige, Merlo fu il grande rivale di Fausto Gardini e Nicola Pietrangeli, non aveva la feroce tempra da lottatore del primo, né il fascino elegante e la tecnica del secondo, ma fu un campione comunque molto amato dal pubblico. Famoso per essere stato uno dei primi interpreti del rovescio a due mani, colpo sul quale costruì un gioco di grande efficacia, che integrò con doti naturali di precisione, resistenza e recupero. Vinse quattro volte il titolo italiano di singolare, nel 1956, 1957, 1960 e 1963, e per due volte fu finalista agli Internazionali d'Italia, nel 1955 dopo un epilogo drammatico e un ritiro per crampi quando sembrava avere la vittoria in pugno con Gardini, quindi nel 1957 battuto da Nicola Pietrangeli.
I successi più importanti li ottenne sulla terra rossa del Roland Garros a Parigi, dove fu due volte semifinalista, nel 1955 e 1956, anno in cui venne sconfitto dall'australiano Lew Hoad, poi vincitore del torneo e dei due successivi Wimbledon. Erano altri tempi per il tennis che nel frattempo si era spaccato in due: da una parte il professionismo della troupe Tilden che aveva sottratto alle grandi prove i campioni più affermati, dall’altra i dilettanti, che erano tali almeno sulla carta. Regole assurde che priveranno gli appassionati dello spettacolo più bello, per lungo tempo, almeno sino al 1969 quando il tennis diventerà finalmente adulto e i tornei Open riapriranno giustamente le porte anche ai campioni veri. Merlo ha indossato per ben 35 volte la maglia azzurra in Coppa Davis, vincendo 25 match. I risultati non gli evitarono il sarcasmo, le vignette di Slawitz che lo raffiguravano come un "gracile dongiovanni della racchetta”, sulle pagine de" Il Guerin Sportivo. Di lui valgono però le parole di ammirazione di Nicola Pietrangeli: «Beppe non rubò mai un punto su un campo da tennis. Andava addirittura contro il giudizio degli arbitri. Giocando con Remy, campione di Francia, sul Centrale di Roland Garros, al quinto set corresse il giudice di sedia e regalò il quindici che mandò il francese a servire per il match. Fino a quel momento aveva avuto tutto il pubblico contro. Quando Beppe vinse venne giù lo stadio.”

LE VITTORIE AL CITTA’ DI TRENTO - Beppe Merlo ha lasciato un segno profondo anche nella storia del tennis trentino, insieme ai fratelli Guglielmo e Vittorio, protagonisti a lungo delle scene regionali negli anni Cinquanta e Sessanta. Fu lui a illuminare la prima edizione del Città di Trento nel settembre del 1946, sui campi di piazza Venezia inaugurati appena sei anni prima. Un’edizione del torneo promossa dall’allora presidente Renzo Helfer, sportivo di vecchia data, discreto tennista, deputato con la Democrazia Cristiana dal 1948 al 1972, nonché per dieci anni timoniere del Calcio Trento. Politico di spicco, ricordato soprattutto per il carattere aspro e inflessibile con cui interpreterà il ruolo di sottosegretario per il turismo e lo spettacolo del Governo Fanfani, dal 28 luglio 1960 al 20 febbraio 1962.
Sui campi trentini il 19enne Merlo si fa notare subito, gioca un tennis molto personale, ma estremamente efficace, si affida a un rovescio “che è una folgore”, un colpo mai visto, portato a due mani con la presa di un mancino. Non si tratta di una geniale stravaganza quanto piuttosto di una stretta necessità, per un ragazzino minuto che aveva cominciato a giocare impugnando una racchetta troppo pesante. Merlo, che si era fatto le ossa come raccattapalle, aveva trasformato quel colpo anomalo in un’arma terribile, il diritto con la presa a mezzo manico ispirava traiettorie velenosi e astute che sorprendevano e confondevano i rivali, al pari della battuta “da ragazza”, come malignava qualcuno, per la sua lentezza, ma altrettanto mortifera per la sua precisione. Merlo elimina in semifinale il grande favorito Mario Comperini al termine di una durissima battaglia, il campione roveretano si aggrappa gagliardamente al suo talento, cerca di chiudere gli scambi evitando quel rovescio infido ma alla fine deve arrendersi alla tempra agonistica del ragazzino che sa aprirsi angoli insospettati e che soprattutto non la smette di correre e ributtare la palla dall’altra parte della rete. Il meranese s’impone 8-6 al terzo poi approfitta del ritiro di Sandro Sandrini in finale per aggiudicarsi il torneo. Un ritiro che non ridimensiona il suo trionfo, ben pochi infatti avrebbero scommesso qualche centesimo sull’anziano veronese che qui era già stato finalista dodici anni fa, nel 1933, battuto da Valerio. In coppia con Godio, Comperini (foto in alto) si prende la sua piccola rivincita nella finale del doppio, superando il “ragazzino”, che pure si era scelto un doppista di tutto rispetto e intelligenza tattica come Enzo Ferrario. Comperini e Godio s’impongono in due set equilibrati (9-7 6-4), dopo essersi “battuti con grande impegno”. La rivincita, quella vera, Comperini se la prenderà in singolo nel maggio del 1947, battendo Merlo sempre qui al Ct Trento in singolo nella finale del torneo nazionale di Primavera. Comperini domina per due set poi deve contenere la rabbiosa reazione del rivale che si batte come un leone. Il terzo set (si gioca al meglio dei tre su cinque) è un interminabile braccio di ferro, una battaglia senza esclusione di colpi che premia alla fine la strenua determinazione del campione roveretano, vittorioso 13 a 11. Comperini è scatenato, fa sua sua anche la gara di doppio maschile con Godio, regolando Merlo e Bressan, e si aggiudica il misto al fianco della rivana Delia Oradini, destinata a lasciare qualche anno più tardi il Trentino per emigrare in Argentina. A settembre trionferà Mario Belardinelli nella Coppa Orvieto organizzata dal nuovo gruppo di dirigenti, raccolto intorno al presidente Mario Buccella, padre della celebre attrice e cantante Maria Grazia, con in testa il conte Sizzo, Giuliani e il giornalista sportivo Rolli Marchi, fondatore nel ’40 del Gruppo Sportivo Battisti. Merlo dominerà il torneo nazionale per seconda e terza categoria organizzato nel maggio del 1948 sui campi appena riaperti. Fa un po’ freddo e cade anche qualche goccia, ma il torneo scorre senza intoppi raccogliendo nuovi attestati di soddisfazione e gradimento. Sul campo il meranese fa il bello e il cattivo tempo, ingaggia un bel duello in finale con Renato Scaunich, uno dei migliori tennisti triestini di sempre. Si gioca al meglio dei cinque set e Merlo che in quell’anno difende i colori del Ct Bologna, s’impone senza troppi problemi. In semifinale si fermano il fiorentino Marcello Borri e Comperini, sconfitto da Scaunich, vincitore con il Ct Bologna di una gloriosa Coppa Croce. Merlo fa la parte del leone e si aggiudica il misto in coppia con l’amazzone genovese Garzolini, vorrebbe far suo pure il doppio al fianco di Marcello Monetti ma la pioggia e l’oscurità lo fermano a un passo dal traguardo contro Borri e Scaunich. Merlo è di nuovo protagonista sulla terra rossa del Ct Trento a fine agosto dello stesso anno nel torneo esibizione fortemente voluto da Buccella e organizzato in concomitanza con la grande Fiera Internazionale che si tiene in città. Sulla terra rossa sfilano Gianni Cucelli, Marcello e Rolando Del Bello, Carlo Sada e Renato Gori. Merlo batte Gori in una sorta di esame di maturità per il passaggio in prima categoria avvenuto proprio alla fine di quella stagione, ma il piatto forte del menù è la sfida tra Gianni Cucelli e Sada, rivincita del match giocato a Viareggio solo una settimana prima, e vinto inopinatamente dal giovane torinese.

E’ l’ultima apparizione del campione che nel 1949 batterà il futuro numero 1 al mondo Jaroslav Drobny. Nel 1951 la Fit lo spedisce in California insieme a Gardini. Aldo Tolusso, presidente in carica solo da un paio d’anni, investe tre milioni per far ripartire così il nostro tennis dopo la guerra.
Merlo tornerà in piazza Venezia nel giugno del 1969 quando verrà allestita un’altra esibizione a quattro con Martin Mulligan, un australiano che aveva sposato una romana finendo per diventare italiano e difendere i colori azzurri in Davis, lo jugoslavo Boro Jovanovic, che l’anno prima aveva raggiunto i quarti al Roland Garros, battuto in tre set da Gimeno, compagno di Davis di Nikola Pilic, e Jon Tiriac, una giovane speranza rumena come lo ribattezzerà il giornale l’Adige. Tiriac in realtà aveva appena compiuto trent’anni, al tennis però era arrivato piuttosto tardi, la sua prima apparizione sulla scena sportiva internazionale era avvenuta solo cinque anni prima, nel 1964 e non con una racchetta, ma con una mazza da hockey su ghiaccio in mano. Giocatore della nazionale romena alle Olimpiadi invernali di Innsbruck. L’aspetto è già quello burbero e istrionico, anche se mancano ancora i riccioloni e i mustacchi che ne faranno una delle icone del tennis di fine secolo. Per l’occasione si torna ad allestire una tribunetta, sistemata sul campo due, prezzo del biglietto mille lire, poco più del prezzo di un quotidiano, che da quell’anno era salito a settanta lire. Mulligan batterà Jovanovic, mentre Merlo dovrà cedere all’emergente Tiriac.

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